Quando si parla della Val di Funes si pensa sempre ai suoi paesaggi fiabeschi e alle foto-cartolina che con rapidità fanno continuamente il giro del mondo. La meritata fama ha fatto di questa vallata una meta turistica imperdibile per tantissime persone ogni anno. C’è però molto altro e soprattutto persone autoctone che pensano al futuro con idee innovative basate su tradizioni millenarie. Storie preziose che si infilano tra le crepe della roccia o alle pendici delle Odle che vale la pena di raccogliere. Voci che possono sfuggire tra le dita o essere spazzate dal vento sulle cime più alte se non si coglie il vero valore del territorio e la fragilità di un luogo. Racconti che meritano di essere ascoltati, anche dando le spalle a quella che può essere la maggiore attrazione del posto. Per scoprire veramente la cultura alpina, bisogna fermarsi nei masi di montagna, bussare alle porte delle stalle e domandare il permesso per entrare nei fienili a parlare con i più anziani in cerca di storie antiche. Realtà importanti, ricche di valori e saperi custoditi nelle memorie locali. Noi ci siamo immersi in questo angolo di Südtirol conoscendo le persone che lo vivono e lo rispettano ogni giorno con la stessa cura con cui si preserva una figura cara. Siamo andati con i pastori a camminare leggeri al ritmo del gregge, passo dopo passo dietro a centinaia di zoccoli che quest’anno per colpa del meteo avverso sono tornati tra i pascoli più bassi prima del tempo. Ci siamo arrampicati lungo le cenge dove si spostano camosci, lupi e sciacalli. Siamo andati fuori traccia per scoprire angoli nascosti, panorami nuovi e profumi diversi. Fiori di montagna, erbe selvatiche, funghi e frutta fresca. Abbiamo assaporato il concetto Slow Food che vuole ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi lo produce in armonia con l’ambiente e l’ecosistema. Un bicchiere di vino, una grappa al cirmolo, una focaccia tagliata al centro del tavolo con tante sedie intorno. Pioggia, neve e quelle nuvole pesanti che non vogliono proprio alzarsi. La stube che scalda le conversazioni fino a tarda sera e la lana che con il suo soffice calore concilia il sonno. Inizia l’autunno.

Abbiamo percepito un forte senso di comunità nei funesini. Le persone sono unite oltre che da rapporti sociali, linguistici e morali, anche da tradizioni e interessi comuni. Un’idea che da qualche anno unisce gli allevatori, i contadini di montagna e anche le figure istituzionali è la valorizzazione della pecora locale. La Villnösser Brillenschaf (pecora con gli occhiali) ha il vello bianco, un orecchio scuro per metà e due cerchi neri intorno agli occhi: è la razza ovina più antica del Südtirol che si riconosce facilmente in alpeggio perché è come se portasse appunto gli occhiali. Una razza in via d’estinzione, rimasta in vita grazie alla passione degli abitanti locali che l’hanno gelosamente custodita. Da alcuni anni la lana della Villnösser Brillenschaf viene nuovamente acquistata e lavorata agendo così anche nell’interesse della comunità montana con grandi effetti di gratificazione e soddisfazione da parte di molti pastori e allevatori che a loro volta portano ottimismo alle loro famiglie e a tutto ciò che riguarda l’attività e la gestione del maso.

La pecora dagli occhiali con la sua speciale lana grezza ha bisogno di vivere in un luogo confortevole tutto l’anno. Ma negli ultimi decenni purtroppo il principale alpeggio della valle è andato via via sempre più in degrado. Solo ultimamente ci sono stati dei rattoppi da parte dei pastori e alcuni volontari, ma non c’è più stata un’adeguata manutenzione che ha messo a rischio addirittura la tradizionale transumanza dei greggi in alta montagna durante i mesi estivi e il normale svolgimento delle attività di pascolo in quota. L’alpe con il piccolo ricovero si trova a 2120 metri, è immersa in un paesaggio fantastico tra terreni e radure collinari spettacolari poste al limitare del bosco. Si nota subito la vecchia struttura decadente, fatta di legno ormai deteriorato dalle intemperie e priva di attrezzature adeguate. Senza uno spazio adibito al riparo e alla cura degli animali, sprovvista di un angolo riservato alle quotidiane lavorazioni del pastore e per una decorosa e sana vita stagionale in alta montagna. Solo per andare e tornare dalla sorgente ci si impiega più di 40 minuti e per questo oltre al rifacimento dell’intera malga si sta lavorando a rendere l’acqua più accessibile. Oggi più di cinquanta contadini allevano la Villnösser Brillenschaf e dalla metà di maggio fino alla metà di settembre le pecore devono stare in alpeggio: c’è un clima più mite, mangiano erbe diverse d’alta quota e grazie alla loro agilità mantengono in ordine il sottobosco e i pascoli fino a sotto le rocce senza distruggere il terreno. Solo successivamente, in autunno vanno a stare a valle per brucare l’erba dei prati fino all’arrivo della stagione invernale, quando vengono ricoverate nelle stalle della Val di Funes. Finalmente si sta delineando un grande progetto di recupero per rivalorizzare l’importante alpeggio, contribuendo alla creazione di una nuova piccola malga, rendendola più confortevole e maggiormente attrezzata. Migliorie fondamentali per continuare un’attività importantissima nel passato, ma che guarda ad un futuro corretto e sostenibile.

La natura sappiamo essere una grande maestra. La lana è una fibra tessile naturale che si ottiene dal vello degli ovini e che ha la capacità di adattarsi e supportare il calore umano: ti protegge, non si surriscalda, trattiene l’umidità e poi la rilascia. Aspetti molto importanti per chi frequenta la montagna, perché è un ambiente in cui si vivono situazioni climatiche differenti: ombra, sole, umido, vento e per questo è da sempre considerata una protezione preziosa. In molte valli altoatesine si era arrivati al punto di smaltire la lana pagando. Buttando via qualcosa di prezioso si alimentava uno spreco enorme, mancando così di rispetto verso l’allevatore e nei confronti del territorio. La lana è un elemento che fa vedere una parte “vera” della vita in montagna. Un fattore umano tra l’animale e il suo “custode”. Solo conservando tutte le tradizionali componenti ci sarà un futuro migliore e potremo essere più orgogliosi di vivere la natura ogni giorno.

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Questo reportage Altripiani per e con la collaborazione di Salewa fa parte di un progetto più ampio. La lana da alcuni anni è stata nuovamente inserita tra gli studi aziendali sui materiali e nei prodotti del brand altoatesino. L’azienda bolzanina infatti mira ad una concreta riconnessione con il territorio per ritornare alle radici del marchio stesso lavorando e trattando nuovamente il manto di pecora. Vuole creare nuove “tecnologie locali”, restare perciò in contatto con le persone che producono la lana stessa per capire come vengono tenute e allevate le pecore in natura e selezionando poi un certa purezza del prodotto affiancando l’allevatore.

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