Sul volo Qatar – Dhaka le nostre teste cercano di trovare le risposte alle nostre incertezze per quanto riguarda il piano B.
Non siamo abituati a partire senza una traccia, una bozza di piano di viaggio e la mancata partenza di Murad, il primo motivo del nostro viaggio in Bangladesh, ci ha stravolto sotto ogni punto di vista.
All’alba voliamo paralleli alle vette dell’Himalaya, iniziamo a renderci conto di essere in Asia e la vista di quelle cime innevate ci riporta il sorriso. Ecco che arriva anche la risposta che cercavamo: decidiamo di trascorrere un paio di giorni a Dhaka, la capitale del Bangladesh, per ripensare ai nostri spostamenti e fissare un piano.

In ogni viaggio c’è sempre una fase iniziale di ambientamento, entrare in contatto con il luogo è importante, com’è che si dice? “La prima volta non si scorda mai.”
Difficile scordare la prima volta in Bangladesh. La nostra storia con questo Paese non è stato amore a prima o a seconda vista. E forse nemmeno a terza o quarta. Si presenta abbastanza male: troppi problemi, troppi abitanti, un odore infestante di un misto tra spezie, fogna e gas di scarico. Il calore, l’umidità e lo smog ti intasano i polmoni, la polvere ti costringe a tenere gli occhi chiusi. E poi c’è il dolore negli occhi della gente e il dolore, in genere, impedisce di soffermarsi sulla bellezza.

Iniziamo a girovagare per questa città immensa e, nel momento in cui un passante ci dà il benvenuto, la percezione di tutte le difficoltà diminuisce. Veniamo accolti nelle varie bancarelle del tè ed invitati a socializzare con gli abitanti della zona.
C’è un entusiasmo generale, curiosità nel sapere chi è sposato con chi, se ci sono figli, se è la prima volta che veniamo in Bangladesh, da dove arriviamo, se ci piace il loro Paese. 
Il tutto seguito da una piccola e semplice domanda: “Selfie? Come no, selfie sia: mai come in questo viaggio ci siamo sentiti dei VIP, abbiamo capito benissimo come si sentono i cantanti accerchiati dai fan e l’importanza dei bodyguards nel tirarli fuori quando la situazione inizia ad essere ingestibile.
Se prima non ci sentivamo a nostro agio a stare davanti all’obiettivo, ora conosciamo bene il nostro lato migliore, il sorriso giusto, la posa formale con l’immancabile stretta di mano, o quella più amichevole con un caloroso abbraccio.

La sera, prima di andare a letto, ripensiamo agli incontri della giornata, all’accoglienza di quelle persone nei confronti dello sconosciuto, la genuinità e il puro entusiasmo nel vedere uno straniero. Abbiamo molto da imparare da questa gente. Ed è proprio l’atteggiamento di queste persone e i loro volti impressi nelle nostre macchine fotografiche a darci la grinta necessaria per continuare questo incredibile viaggio.


 

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