Si sa che i luoghi remoti e quindi lontani dalla quotidianità hanno sempre esercitato una forte attrazione. Per molti l’isolamento è diventato un lusso che equivale al relax, alle spa, al comodo, al volare altrove sempre più lontano in “posti da favola”.
Ma si dice anche che solo facendo un passo indietro, dalla tua vita e dal tuo mondo, che puoi vedere quello a cui tieni di più.

Per noi di Altripiani c’è la continua necessità di andare a conoscere le cose con occhi propri per arrivare a una prospettiva più profonda e più ampia di ogni angolino di mondo in cui viaggiamo.
Spesso anche noi cerchiamo quel remoto che viene associato al lontano, al silenzio, alla solitudine, allo spazio vuoto. Però questa ricerca di semplicità non è soltanto un sentirsi pronti a staccare la spina veramente, perché il silenzio che cerchiamo è diverso e si trasforma in ascolto, la voglia di stare soli con quella di incontrare qualcuno. Il più delle volte con persone gioiose, generose, anch’esse curiose e aperte nel mostrare come vivono o di cosa vivono.
È in questo modo che si capisce cosa conta davvero in quel territorio “remoto”, stando con chi lo abita ogni giorni nel rispetto e nella fatica.

Siamo andati in Sardegna durante tutte le feste natalizie. Sì, in una Sardegna “fuori stagione”.

La Sardegna se la si guarda tra le immagini di google e in cartolina il più delle volte viene pubblicizzata per il suo mare azzurro, le onde, le coste smeraldine e i siti archeologici. Ogni tanto appare un cavallo o una capra ritratta o ancora una signora con il costume tipico di qualche tradizione più passata che presente.
Quest’isola è anche un territorio aspro, selvaggio di straordinaria bellezza.
Le persone sono inizialmente diffidenti, ma quando ti accolgono in casa, in macchina, al ristorante non smettono di parlare nemmeno un secondo, forse la paura iniziale di accoglierti si trasforma in quella di perderti. Si percepisce subito che in Sardegna c’è voglia di raccontare, è un’ isola fatta di storie, come se per secoli la parola orale sia stata la sola memoria collettiva possibile e adesso ancor di più non si vuole perdere ricordi e tradizioni. Ciascuno a modo suo ci narra qualcosa e quando parla dell’Italia o del fuori usa la parola Continente.

Michelina la conosciamo a Fonni, il paese più alto di tutta la Sardegna ad una quota di 1000 metri sotto le cime del Monte Spada e del Bruncu Spina (1829m) nel massiccio montuoso del Gennargentu.
Michelina ci accoglie in casa scusandosi se la camera dove staremo a dormire è ancora fredda, ma non si aspettava il nostro arrivo. La stufa emana calore e da lì a poco anche il nostro corpo riprende forza.

La Sardegna che abbiamo vissuto fino a questo momento non assomiglia ad alcun luogo, è strano non avere punti di paragone. Ci siamo spostati parecchio in autostop: Olbia, Porto Torres, Sassari, Macomer, Oliena, Orgosolo, Mamoiada e adesso siamo qui, a Fonni da Michelina.

Ci racconta di lei, della famiglia, la figlia Cristina che studia all’Università di Firenze e del marito che lavora in caseificio sulla strada che porta a Gavoi. Continua i racconti con le feste tradizionali del suo paese, qui oltre al Carnevale Fonnese con le maschere S’Urthos e Buttudos che rappresentano la lotta quotidiana dell’uomo con gli elementi della natura, avviene un po’ tutto in funzione del mese di giugno. La feste della Madonna dei Martiri con il corteo religioso aperto dai cavalieri in costume e con i cavalli bardati a festa, poi è il turno di San Giovanni Battista, con un pane votivo dedicato alla festa dei fiori “Su Cohone de Vrores”.
Poi ci sono i biscotti a coda sempre buoni, ecco il Savoiardone di Fonni anche a Natale!

Ci vede attenti, dice che potrebbe presentarci il sarto del paese, e già che ci siamo chiediamo se conosce anche qualche pastore.

Durante le chiacchiere il paesaggio fuori dalla finestra che dapprima era decisamente autunnale inizia a cambiare. Raffiche di vento e neve imbiancano tutto in una sola notte.
I boschi e le foreste di querce del Gennargentu, che sono per la maggior parte caratterizzati da boschetti di noccioli, poi sterpaglia di mirto verde e di corbezzoli che forma il sottobosco, diventano sempre più bianchi.

La mattina dopo Michelina ci accompagna in macchina per qualche chilometro e poi sappiamo solo che dobbiamo arrivare “al secondo cancello sulla destra della mulattiera”. Il maestrale soffia e alza la neve tanto da farci chiudere gli occhi. Appena il vento ha una pausa si intravedono le colline azzurrognole gonfie di neve, sembravano vergini e deserte, mai toccate dal piede dell’uomo. Tutt’intorno si percepisce appena l’altipiano scuro, blu notte e tra le grigie querce sparpagliate qua e là superiamo asini, vacche, cavalli tutti zeppi di neve sul manto e ben recitati nelle diverse proprietà. Sembra non ci sia anima viva in giro, intuiamo qualche pastore correre a cercare il gregge, altri danno da mangiare ai porci e dei ragazzini accarezzano i cavalli infreddoliti. C’è chi dice di aver visto il muflone uscire allo scoperto per cercare cibo.

Notiamo che oltre alle mimetiche, molti sono i pastori che vestono abiti tessuti a mano con cotone spesso. La stoffa è di colore verde, molto più elaborata e raffinata di quanto sembri. Si capisce che in questa società agro-pastorale l’unica scuola possibile è l’esperienza e l’unico sapere buono il saper fare senza starsene con le mani in mano.
Infatti anche se freddo, neve e vento non si placano ovviamente anche oggi si lavora la campagna, perché non ci sono pause sù negli ovili e tutte le attività devono continuare nonostante le intemperie e le feste natalizie.

Battista non lo troviamo, tra la delusione e lo sconforto torniamo a fatica al caldo per riprendere le forze. Demotivati iniziamo a pensare che è un’enorme cazzata essere nell’interno della Sardegna nella stagione più fredda. Forse meglio puntare agli altipiani e le colline del Campidano o al mare nella zona dei Montiferru dove si raccolgono le olive.

Qualche ora dopo Battista ci viene a prendere, ha un fare scherzoso e si scusa se non c’era all’appuntamento, ma era in cerca dei suoi cavalli. La macchina ha due posti: Glorija siede sul posto del passeggero ed io, rannicchiato nel cassone che porta attrezzi e mangime per gli animali. La cosa è divertente.

Qualche chilometro e PAF! Finiamo in un “materasso” di neve dove la macchina si assesta e non si muove più. Arriva una campagnola in soccorso dal paese e si incastra anche questa tra la neve con la delusione del suo autista. Non ci resta che aspettare.
Si fa avanti una Panda 4×4, con a bordo due uomini, chi la porta è agile e deciso alla guida della sua inarrestabile automobilina. L’amico di Battista è piccolo, minuto, ma con le sopracciglia decise e ben disegnate. Allarga un sorriso quasi imbarazzato mentre lo ritraggo… ora siamo in cinque a spingere le macchine tra la neve e Glorija si dimostra un’ottima autista!

Arrivati all’ovile notiamo che è tutto organizzato con ordine e sapienza, Battista ci fa strada tra gli spazi di sua proprietà, dove tutto è adibito ad una precisa attività.
Lava con energia un pentolone e accede il grande fornello, è ora di fare il formaggio e la ricotta!
Le sue mani sono sempre bagnate e a ogni azione va a prendere l’utensile più utile, si muove sicuro. Glorija non perde tempo, si rimbocca le maniche e dà il suo contributo mentre io cerco di documentare il tutto senza perdere nessun passaggio.
Latte, acqua, fiamma moderata, termometro e un grande mestolo. Op, op!

Prima che faccia buio c’è la seconda mungitura della giornata, se ne occupa il figlio Antioco poco più che ventenne.

Chiudiamo il cancello, mentre i fari illuminano la stradina innevata e la radio gracchia in macchina. Battista non dice nulla e guida su quella strada che percorre ogni giorno fino a casa.
Prima di salire ci togliamo gli scarponi ed è qui che scopro la sua “collezione” marchiata AKU, ogni scarpone ha una sua storia mi dice soddisfatto…
Brindiamo vicino al caminetto con tutta la famiglia al completo, è quasi ora di cena e vogliamo togliere il disturbo, insistiamo e allora ancora una volta Battista ci tiene a farci vedere una cosa. L’ultima di questa lunghissima giornata.

Giriamo tutta Fonni in cerca dei presepi, uno più bello dell’altro. Qua funziona che ogni via prepara il suo in accordo con il vicinato prendono interi giardini, scalinate e anche pezzi di marciapiede. La neve e le luci alternate rendono ancora più suggestivi quelli che osserviamo.
Battista temporeggia, non vorrebbe salutarci, ci fa promettere che se per Capodanno non abbiamo trovato ospitalità dobbiamo tornare da lui che siamo sempre i benvenuti.

È il 29 dicembre 2017 e sono le 20:13. Glo ha voglia di pizza, io di chiudere gli occhi!

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