È da un po’ di anni che rappresento i luoghi in cui viaggio con la tecnica della fotografia e l’aiuto della scrittura. Cerco di avere un fare leggero e non invadente, provo a stare in punta dei piedi pur cercando il contatto con la popolazione locale.
Come amante dell’alta quota ovviamente sono anche attratto dagli orizzonti, dai profili e dalle creste, mettendo spesso a dura prova la pazienza di Glorija, perché come in ogni continente le montagne si raggiungono anche qui solo percorrendo strade dissestate e polverose.

In questi itinerari tutto rallenta e tutto si sporca. Come i ritmi lenti e faticosi che caratterizzano la vita dei campesinos, gli andini, che indossano vestiti colorati e simpatici cappelli dalle forme più svariate che animano un vasto e variegato paesaggio agrario e pastorale. Oltre la quota elevata alla quale però sono abituati, la vegetazione che li circonda è severa, i pendii sono inclinati ed esposti e le cascate si trasformano presto in torrenti impetuosi che dividono i terreni e le valli. Spesso solo davanti all’enormità e la forza della natura ci si rende conto di quanto piccoli siamo e di quanto l’uomo si sia ingegnato per sopravvivere in alcuni territori così ostili. Molte persone lungo questi altipiani sono aggrappati a una speranza che va molto più lenta del progresso. L’attenzione è sempre rivolta alla capitale Lima, con la sua periferia sempre più allargata o ad altri grandi distretti verso la costa.
Chi resta sulle Ande alle volte viene assunto dalle multinazionali che gestiscono le miniere, dove i giovani andini scavano i terreni dei loro nonni, innescando un circolo vizioso che inquina la terra fertile. Le Ande sono un territorio difficile dove la malinconia di una guerra civile terminata solo qualche decennio fa si percepisce bene nonostante i paesaggi siano maestosi.
Nella mia fotografia cerco di trasmettere tutto questo, le emozioni provate e testimoniare in modo semplice e immediato la vita che affrontano i contadini d’alta quota.

L’obiettivo di Altripiani è rivolto sempre verso esperienze nuove e straordinarie, cercando un punto d’incontro con il mondo “selvaggio”, per meglio conoscerlo, assimilarlo, e poi trasmetterlo con parole e immagini ad altri una volta tornati a casa.

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