Da autostoppisti diventiamo guidatori. In Bosnia, non distanti da Sarajevo ci siamo trovati al centro di un “traffico” di auto di grossa cilindrata e minivan, quelle cose che ti possono succedere solo se ti metti in viaggio e non rimani seduto comodo davanti ad un computer.

C’eravamo da poco lasciati alle spalle un contorto intreccio di montagne dal quale eravamo usciti con gran stile e finalmente avevamo raggiunto una strada statale poco distante dai luoghi dimenticati dei giochi olimpici, dove impressionanti strutture con evidenti segni lasciati dalla guerra si alternano a nuove costruzioni che stanno pian piano rivalutando l’area.
Notiamo che sempre più frequentemente durante i viaggi alterniamo situazioni sfortunate alle botte di fortuna. C’eravamo infatti appena lamentati di una situazione difficile, che appare Dino: l’uomo giusto al momento giusto. Ricevere un passaggio da un poliziotto bosniaco è stata decisamente una fortuna, abbiamo girato in un’area di circa quaranta chilometri al massimo per la bellezza di quattro ore: ci ha chiesto se andavamo di fretta o volevamo vedere qualcosa di curioso. Ci ha accompagnati in una Bosnia diversa e ricca di contraddizioni, quella delle montagne post-olimpiadi invernali del 1984 e quella nuova della speculazione edilizia.

Improvvisamente ci siamo sentiti come in una puntata di Report, il programma che va in onda su RAI3. A bordo di quest’auto venivamo a conoscenza di cose allucinanti con una facilità sorprendente. Avremmo potuto iniziare una vera e propria inchiesta e c’era già anche il nome del servizio: “Gli Arabesi”.
Il nostro nuovo amico chiama così gli arabi ricchi dell’Arabia Saudita, che stanno investendo molto nell’edilizia in Bosnia ed Herzegovina: tagliano montagne per costruirci villaggi fantasma, hotel, ville e condomini perfetti, intatti, con tutti i comfort ed attrezzati di ogni ultima tecnologia.
Sono luoghi assurdi, sembra di essere proiettati nel futuro. Dà l’idea che le famiglie arabe si stiano costruendo una seconda casa. Un luogo che gli servirà quando in patria per mancanza d’acqua o di risorse saranno costretti a trasferirsi e quindi lasciare definitivamente il loro Paese nato dal deserto.

Per quanto belli alcuni di questi insediamenti, fa paura pensare che i soldi possano comprare tutto: case, fattorie e campi di contadini bosniaci – “perché troppo brutte per essere vicine ai resort degli arabi”. Permessi per tagliare la cima di una montagna, per costruire una strada in mezzo ad un cimitero di vittime di guerra, acquistare gondole da porre nella finta Venezia bosniaca fatta di villette con in mezzo un laghetto con dei ponti. Siamo alla soglia dell’assurdo.
Questa mattina eravamo tra i pastori e gli alpeggi con le case distrutte dal tempo e dalla guerra, ora ci raccontano di
sceicchi con famiglie intere che dopo aver noleggiato minivan a prezzi esagerati vogliono vedere la pioggia per la prima volta in Bosnia. Questo fascino per la pioggia e l’affinità religiosa li ha portati qui, ma la domanda vera è: chissà se potranno comprare anche la felicità con i loro soldi.
Scoperta anche questa faccia delle Alpi Dinariche, salutiamo Dino, e lo ringraziamo per l’interessante giro. Dopo una doccia calda e una passeggiata tra le vie di Sarajevo mangiando burek e pita cerchiamo di riequilibrare il nostro itinerario per riprendere la via tra le montagne incontaminate.

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