Ci troviamo in Montenegro nel Parco Nazionale del Durmitor e dormire qui non è certo solo un gioco di parole. Abbiamo piantato la tendina in ottima posizione, poco distante da un lago glaciale e alcune lingue di neve che si alternano a una vegetazione ancora in lenta ripresa dopo la stagione più fredda.
Stiamo godendo di una speciale luce di tramonto, dopo una giornata di vento forte e nuvole minacciose durante la quale spesso abbiamo calpestato neve sprofondando fino alle ginocchia.
Sopra una certa quota è difficile andare ad esplorare, infatti non c’è un’anima viva in giro, solo un camoscio solitario che nell’indifferenza più totale ha continuato a mangiare
ramoscelli di graminacee, foglie e ramoscelli di arbusti.
In questo paesaggio sconfinato
la luce si fa più debole e si avvicina per noi l’ora più difficile di questi viaggi, è quella tra le 19:00 e le 20:00. Vorresti dormire, appisolarti, ma al tempo stesso guardare fuori curioso. Abbiamo già mangiato e siamo nella fase digestiva, non abbiamo più nulla da dirci per oggi, siamo sfiniti e non c’è molto da fare se non leggere o provare a scrivere un appunto per fissare la giornata su carta. Si inizia a sentire il freddo, ci si abbraccia, ma la stanchezza prende il sopravvento, non resisti e il corpo crolla nel sacco a pelo mentre la mente cerca di distinguere la realtà dai sogni.

 
Sogni di saltare ruscelli, di attraversare fiumi in piena, sogni di toccare la cima di una montagna, di avvistare uccelli rapaci in cielo. Non c’è limite nei sogni. I sogni si collegano poi ai ricordi, si mescolano e si cuciono assieme. È una dimensione talmente bella e confusa che quasi dimentichi dove sei e il perché sei stanco. Il vento che fino a quel momento scuoteva minaccioso la tenda ora sembra la mano dolce di una persona che ti vuole bene, una carezza che ti ricorda che quello che stai vivendo è tutto vero e lo porterai per sempre con te. Siamo felici immersi in questa immensa natura buia che a breve si illuminerà di stelle.

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