Dana e Boro li abbiamo conosciuti nella penombra mentre gesticolavano e a gran voce davano comandi ben definiti al gregge. Con un po’ di difficoltà forse dovuta alla nostra presenza stavano chiudendo le pecore nel recinto adiacente ad una casa semidistrutta.
Quello che ha attirato Glorija verso questo gruppo di case è stata la somiglianza del trattore parcheggiato sulla strada a ridosso di un’abitazione: rosso, datato, vissuto, ma curato come quello che usa suo nonno in Istria. Ci serviva una scusa per instaurare una conversazione ed elogiare un trattore è stato un argomento perfetto. L’imbrunire a poco si sarebbe trasformato in buio e in questa serie di villaggi ravvicinati tra loro nessuno ci aveva fatto cenno di ospitalità e tanto meno di entrare in casa. Ogni praticello pianeggiante era un’evidente proprietà privata dove difficilmente saremmo stati i benvenuti con la nostra tendina e negli anni abbiamo imparato a non fidarci di quello che sembra un luogo perfetto la sera, perché al mattino si può trasformare nel peggior posto al mondo: inospitale e soprattutto pericoloso.

La diffidenza non è solo un aspetto che caratterizza le grandi città, spesso si allarga, assieme alla paura, anche nei paesi più tranquilli. Ma adesso abbiamo il nostro jolly, il “trattore vintage” e dobbiamo giocarcelo al meglio.
La coppia vive tra le Alpi Dinariche bosniache, non ha figli e sono gli unici musulmani rimasti in questa frazione dopo la guerra.
Terminate le chiacchiere di circostanza, finalmente riuscimmo a chiedere se potevamo montare la tenda, ci hanno fatto scegliere il posto e si sono scusati, perché non avevano spazio in casa dove farci dormire. Il prato era perfetto, pianeggiante e a qualche passo si trovava una bellissima fontana dove avremmo potuto poi lavarci i denti e rinfrescarci l’indomani. Con il passare dei minuti la simpatica coppia ci osservava sempre più curiosa perché maneggiavamo oggetti inspiegabili per loro, attrezzature che non avevano mai visto, e le domande non stentavano ad arrivare. Dana, come spesso fanno le donne che incontriamo nei nostri itinerari ha preso l’iniziativa e ci ha invitati in casa per un caffè. Sebbene non fosse stata l’ora più adatta e una tisana sarebbe stata più indicata, abbiamo accettato volentieri: ogni scusa è sempre buona per passare dal freddo esterno al tepore di una cucina.


Una volta all’interno, il nostro sguardo venne subito catturato da Tito che presenziava ingiallito dentro una vecchia cornice appesa al muro della cucina in una fotografia che lo ritraeva a mezzobusto fiero e importante nella divisa. La luce debole non rivelò subito gli spazi. Ma gli occhi si abituarono velocemente e notammo un orologio da parete, un calendario fermo al mese precedente, un vecchio frigorifero, una bella stufa economica, una TV a tubo-catodico con il classico centrino appoggiato sopra assieme a qualche oggetto impolverato e un tavolo ricoperto con una tovaglia in plastica della fantasia a nido d’ape. Ovviamente non mancava una bottiglietta di rakija, dei bicchierini e una grande scatola di tabacco per rollare sigarette.
La notte avanzava, le curiosità erano tante, ma i nostri occhi desideravano chiudersi per un po’ assieme alla zip del sacco a pelo.

Buonanotte Bosnia, ma soprattutto grazie Dana e Boro, buonanotte anche a voi!

 

Altro in Alpi Dinariche