Da quanto tempo non lavi i denti assieme al tuo papà?
Da quanto tempo non dormite nella stessa stanza?
Da quanto non passi semplicemente qualche giorno in sua compagnia?
I rapporti tra padre e figlio non sono tutti uguali, possono essere complicati, alcune volte interrotti dal destino, ma altre volte si ha la fortuna di condividere passioni comuni e perciò la maniera più semplice per stare assieme è organizzarsi per una nuova avventura. C’è chi condivide la passione per il pallone, chi per la musica e i concerti, chi per il mare e la pesca, a noi piace andare in montagna. Camminare e toccare roccia.

Tra noi ci sono metodi di allenamento differenti: mio papà apre nuove linee verticali nella roccia con gli amici divertendosi poi a dare i nomi alle vie davanti ad un’ombra di vino, io invece traccio linee orizzontali, amo viaggiare per altipiani, camminare per catene montuose in cerca di storie di persone e poi l’inverno pello con gli sci il più possibile fino quando la neve non sparisce del tutto.
Mescolando le nostre doti succedono cose veramente interessanti.
Durante queste avventure alpinistiche ci piace utilizzare il rifugio alpino alla vecchia maniera, cerchiamo il contatto con il gestore quando possibile, vogliamo entrare in sintonia con un ambiente che può regalare, non solo una giornata di emozioni, ma un utile arricchimento personale di convivialità, di scambio e di informazioni, senza le quali all’escursione, facile o difficile che sia, manca sempre qualcosa.
La notte, dopo una lunga giornata di trekking che sia in camerata o in una stanza più intima, mio papà spesso russa e io sono quello che passa la nottata in bianco perché si scorda di portare i tappi per le orecchie. Quando però siamo su un letto a castello mi piace sentirlo dormire sotto di me, si torna un po’ bambini in alta montagna, solo che adesso anche tu gli ricordi di allacciare gli scarponi e di chiudere bene lo zaino.
Ci si auta continuamente, ci si danno consigli per progredire al meglio.

Quest’anno tra la varie avventure siamo andati in Slovenia, volevo salire il Monte Triglav, sempre ammirato da più angolazioni ma mai raggiunto.
Il Monte Tricorno (letteralmente tre teste), con i suoi 2864m di altezza, è la più alta cima delle Alpi Giulie e si erge nel mezzo del parco nazionale omonimo; ai suoi piedi si trovano le sorgenti di uno dei più importanti affluenti del Danubio, la Sava e quelle dell’Isonzo che sfocia invece nel mare Adriatico. Sulla sommità del Triglav dal 1895 si trova un caratteristico bivacco chiamato Aljažev stolp (torre di Aljaž).
Il monte è diventato un simbolo dell’identità slovena, è rappresentato in forma stilizzata nello stemma nazionale, nella sua bandiera e nella moneta slovena da 50 centesimi di euro; inoltre secondo la tradizione ogni bravo sloveno almeno una volta nella vita dovrebbe salire sulla cima del Tricorno.


Siamo passati per Udine, transitati per Cividale del Friuli e poi a Caporetto con una tappa sull’altissimo ponte Napoleone; infine per raggiungere la località di Trenta abbiamo costeggiato tutta la valle del fiume Soča (Isonzo), e già questo itinerario varrebbe di per sé un viaggio storico-geografico. L’acqua cristallina caratterizza questo torrente lungo il quale si sono scritte importanti pagine di storia del secolo scorso e adesso si pratica rafting ed altre attività acquatiche tra cui la pesca a mosca.
L’unico “problema” della Val Trenta è che si trova ancora ad una quota relativamente bassa, solo 624m s.l.m. rispetto alla Cima del Triglav a 2240m di dislivello più in alto.
Da Trenta dove si parcheggia l’auto si cammina su una strada sterrata semipianeggiante per circa tre chilometri e solo al primo bivio (980m s.l.m.) si inizia a salire veramente puntando alla roccia delle Alpi Giulie per la valle Zadnjiški Dol verso la forcella Čez Dol. Ci vogliono circa quattro ore per raggiungere il Zasavska koča na Prehodavcih, un rifugio molto panoramico situato a 2071m dove faremo base per la prima notte. La nubi si alternano, pioviggina, soffia il vento, ma quando la luce sta per calare del tutto ci regala un tramonto mozzafiato verso il Mangart e il Jalovec.
L’attraversata fino al Dom Planika pod Triglavom (2401m) avviene in un paesaggio lunare, un sali e scendi che può assomigliare all’altopiano della Pale di San Martino con l’eccezione che qui per l’esposizione delle montagne ai venti più freddi, la neve resiste più a lungo e non manca l’alternarsi di numerosi nevai e laghi glaciali.
Vediamo per la prima volta da forcella Čez Hribarice (2358m) il Triglav che svetta prepotente con la sua lunga dorsale a est dove sale la via normale alla cima.
Il rifugio Dom Planika pod Triglavom si trova in posizione strategica per una facile ascensione alla cima del Triglav e gode di un ampio panorama su tutta la valle della Sava e dell’Alta Carniola, ovvero la regione della Slovenia alpina.
La mattina presto saliamo in vetta per la via classica, molto aerea, ma attrezzata con un continuo cavo metallico. Dopo qualche foto di rito a 360° riscendiamo per la Triglavska škrbina, un sentiero attrezzato assai più brullo e franato che scende il Triglav per la cresta sud. Con i piedi saldi nel ghiaione e “la vetta in tasca” scattiamo un’altra bella foto ricordo e successivamente prendiamo la lunga e serpeggiante strada militare che perde quota piano piano fino a giungere in valle dopo più di 2000m di discesa nel verticale vallone di Korita.

Un impegnativo percorso ad anello nelle suggestive Alpi Giulie orientali, consigliato per il suo paesaggio roccioso e per le sue vedute panoramiche. Ci vuole una buona gamba, non bisogna soffrire di dolori alle ginocchia e bisogna essere lucidi sui punti più esposti.

NOTA BENE:
La Slovenia è bellissima, sta facendo di tutto per rendere il turismo un‘arma vincente, ci sta riuscendo e in questo continua a rispettare la verde e incontaminata natura che la caratterizza. Pochissimo l’impatto ambientale, c’è però da tenere a mente che se le strutture ricettive a valle sono all’avanguardia e si gode di tutti i comfort, quelle in quota lasciano molto desiderare. I rifugi sono enormi, belli da vedere, ma forse un po’ per la mancanza d’acqua (anche se questo caratterizza un po’ tutti i rifugi dell’arco alpino) in Slovenia sopra una certa quota non ci si lava e si rischia la fame.
Ovviamente sto un po’ esagerando, non si pretendono certo cene di gala, ma qualche fetta di pane in più non guasterebbe dopo intere giornate di cammino.

CONSIGLI:
Portatevi qualche barretta energetica in più e magari delle salviettine intime per “lavarvi”. Alle pochissime sorgenti fate sempre scorta d’acqua (voda), altrimenti al rifugio costa una cosa come 4,40 Euro al litro (robe da Capanna Ginfetti sul Monte Rosa). Infine comprate sempre una buona carta dei sentieri, noi avevamo quella della Tabacco N° 65, ed essendo che i sentieri non sono numerati abbiamo trovato più di qualcuno disorientato (l’unico sentiero numerato è la “Traversata alpina slovena” con il N°1 e tutti gli altri sentieri hanno solo l’indicazione della meta).
Per il resto lo so, siete fortissimi, ma un kit da ferrata dov’è consigliato è sempre bene averlo, sappiate che se vi fate male e non avevate l’attrezzatura giusta, l’elicottero non vi costerà poco.

CONTATTI E LINK UTILI:
Ostello a Caporetto: Hostel Kobarid
Gregorčičeva ulica 23, 5222 Kobarid, Slovenia +386 68625935
1° rifugio:  Zasavska koča na Prehodavcih > https://www.pzs.si/koce.php?pid=34
2° rifugio:  Dom Planika pod Triglavom > https://www.pzs.si/koce.php?pid=32
Associazione di montana della slovenia > https://www.pzs.si/
Valle dell’Isonzo (Soča) > https://www.soca-valley.com/

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