Il contenitore “Altre Storie” inizia ad essere quello a cui tengo di più.

Sembrerà strano, ma sempre più spesso le esperienze più belle del progetto Altripiani arrivano da qualche angolo “dietro casa” e non da luoghi troppo lontani. Infatti credo che chi come noi ama passare il proprio tempo all’aria aperta e alla ricerca di avventura, voglia sentirsi parte della natura a prescindere da quanta strada ha fatto per raggiungerla e se questo luogo di pace si trova a portata di mano, meglio ancora.

Mi domando spesso se in montagna ci sia ancora qualcuno capace di camminare e basta senza cercare la prestazione e spinto a salire solo dalla forza dell’amicizia. Fortunatamente sì, anche se forse c’è sempre meno gente disposta a fare una fatica lenta e costante per conquistarsi una birra, un posto per dormire e una giornata nel completo silenzio immersi nel verde rinunciando così alla scarpa leggera connessa al cronometro, alla traccia gps o ai link condivisi sui social dagli amici.
Per noi che raccogliamo storie di persone di montagna va quasi meglio, perché quei pochi che incontriamo lungo i sentieri o in rifugio a fine giornata non vedono l’ora di raccontarci qualcosa della loro vita, di come vanno le cose in quota o dei loro piani per il futuro.

Da qualche tempo cerco di passeggiare con mio papà ad inizio stagione estiva. Andiamo a vedere come stanno i rifugi e i rifugisti, senza correre, vogliamo dedicarci del tempo e cerchiamo di scoprire angoli nuovi, dove non siamo mai stati, dove abbiamo messo piede poche volte o dove abbiamo scivolato in una stagione più fredda con pelli e sci ai piedi.
“Di padre in figlio” è un’accoppiata costante durante l’anno e spesso ne nascono racconti bellissimi. Lo scorso anno vi abbiamo raccontato quattro intense giornate tre le Dolomiti Friulane (leggi articolo), quest’anno abbiamo deciso di invogliarvi a trascorrere tre giorni nelle Alpi Giulie dove con noi non poteva che esserci Giulia, una mia cara amica che ha studiato Scienze Forestali e ci racconta tantissime curiosità sulle caratteristiche degli alberi e più in generale sulla flora e fauna che ci circonda.
Faremo base al Rifugio Corsi che sorge in bella posizione, su un terrazzo erboso, al centro di un anfiteatro coronato a nord dalle pareti del Jôf Fuart (2666m), Madri dei Camosci e Cima di Riofreddo. Mentre il panorama verso sud è aperto sul gruppo del Canin (2587m) per poi perdersi oltre, in Slovenia.

A Sella Nevea (UD) stavamo chiudendo gli zaini e allacciando gli scarponi quando un fuoristrada con un tipo bizzarro al volante si è fermato vicino a noi. Indossa capi tecnici, una bandana colorata in testa e porta una barbetta brizzolata, ma curata. L’uomo sui 45 anni senza troppi convenevoli ci ha chiesto quali erano le nostre intenzioni, se ci andava di dargli una mano e senza perdersi in spiegazioni ci ha fatto salire a bordo del mezzo super ammortizzato.
Le presentazioni le abbiamo fatte a bordo mentre saltellavamo su una strada sterrata un po’ malconcia per le piogge primaverili.
Cristiano da 18 anni gestisce il Rifugio Corsi e da qualche anno vive a Budapest in Ungheria dove ha moglie e i figli: Pietro e Teresa. Viene giù per la stagione calda, ma ci spiega che sta diventando sempre più difficile e probabilmente questo sarà il suo ultimo anno di gestione. Capiamo che non è solo un problema di vita e passione, ma ovviamente di finanziamenti e convivenza con la comunità locale. Senza approfondire troppo arriviamo ad una staccionata e “da qui si prosegue a piedi…”
Cristiano e Marco (mio papà), portano un cartello segnaletico con tanto di palo di sostegno, Giulia un piccone e per me c’è una motosega. Bisogna sistemare il sentiero nel bosco che sale poi al rifugio.
Qualche picconata, un cumulo di sassi e lasciamo il gestore al suo lavoro con la promessa di bere assieme la prima birra una volta arrivati al rifugio.
La struttura installata nel 1925 è un po’ spartana nonostante i diversi restauri, non è di certo un rifugio in stile altoatesino cinque-stelle-lusso, ma c’è tutto: quasi 60 posti letto, una cucina nutriente, compreso il classico frico e l’ospitalità di Cristiano aggiunta a quella dei due collaboratori è molto vivace e calorosa.
Il rifugio viene utilizzato abitualmente come base d’appoggio per le ascensioni allo Jôf Fuart, alla Cima di Riofreddo, alla Cima del Vallone e alle molteplici vie d’arrampicata sulle pareti dell’Ago, del Campanile di Villacco e delle Madri dei Camosci. Consente inoltre attraversate al Bivacco Mazzeni, transitando per la Forcella Lavinal dell’Orso e al Rifugio Pellarini per la Forcella di Riofreddo. Insomma gli itinerari non mancano e nemmeno la palestra di roccia “Ignazio Piussi” con circa venti vie spittate di varia difficoltà a dieci minuti sopra il rifugio dove molte scuole di roccia svolgono i loro corsi.


Il primo giorno abbiamo percorso il sentiero N°625 che da Sella Nevea (1190m) porta al Rifugio Corsi (1874m) per il Passo degli Scalini (2022m) da cui si gode di una bellissima panoramica verso il Parco Nazionale del Triglav, Slovenia.
Tempo di percorrenza 2 ore e 30 minuti circa, nonostante c’abbia distratti un’affascinate branco di stambecchi.

Il secondo giorno: lungo la Cengia degli Dei e il sentiero Anita Goitan, dedicato alla celebre alpinista triestina, una delle più belle e popolari vie ferrate del Friuli Venezia Giulia.
Abbiamo raggiunto la Forcella Mosè (2271m), indossato il casco e l’imbrago, sistemato il kit da ferrata e dove tre ragazzi austriaci si sono dimenticati delle mele che noi successivamente abbiamo apprezzato tantissimo.
Da qui abbiamo percorso il sentiero Anita Goitan con deviazione alla vetta del
Jôf Fuart (2666m) dalla quale sembra di toccare con un dito il Jôf di Montasio. Ripreso il sentiero Anita Goitan, si affronta una bella cengia, esposta, attrezzata con spezzoni di cavo metallico in alcuni tratti e saltuarie scalette fino alla Forcella Riofreddo (2240m) per poi chiudere l’anello in discesa verso il Rifugio Corsi.
Attenzione, eravamo i primi quest’anno a percorrere questa lunga cengia, era “sporca” di neve e ghiaccio, perciò cautela sempre e informate il gestore delle vostre intenzioni.
È opportuno partire presto e considerare circa 7 ore di marcia su roccia molto friabile e alcuni punti aerei, perciò serve una buona sicurezza sia mentale che nell’attrezzatura base senza sottovalutare le montagna.

Il terzo giorno, grazie al sentiero N°625 abbiamo puntato alla Forcella del Vallone (2180m) pestando e tagliando in diagonale un nevaio, successiva deviazione sulle Cime Piccole di Riobianco (2206m) per il Sentiero Attrezzato del Centenario e poi divertente discesa a salti per il ghiaione che porta al Bivacco Gorizia (1950m).
Al bivacco si tolgono quei simpatici sassolini che sono finiti dentro lo scarpone, si mangia qualcosa, si stringono nuovamente i lacci e si affronta una lunga discesa che costeggia il torrente Rio Bianco arrivando alla strada provinciale 76 a quota 980m.
Un facile autostop agevolerà il ritorno a Sella Nevea in 10-15 minuti dopo un’intensa giornata.

Eravamo in tre in queste tre giornate di vera montagna.
Tre si dice anche che sia il numero perfetto per andare in montagna.
Ci siamo divertiti. Abbiamo avuto modo di usare i nostri ottimi scarponi come mezzo di locomozione e questo c’ha permesso di immergerci in quello che i nostri occhi vedevano. Con le giuste pause, la giusta stabilità e il giusto grip. Ma la vista non è stata l’unico senso stimolato, abbiamo toccato roccia, ci siamo graffiati, mani e gambe. Pochi sono stati i pericoli, ma abbiamo camminato su sentieri che non permettono troppe distrazioni.
Alla fine eravamo stanchi e devo confessarvi che quando mi sento stanco sono felicissimo, essere stanchi per la montagna è una delle soddisfazioni più belle.

Qui sotto: dopo alcuni sintetici dettagli e consigli, godetevi le fotografie che raccontano più di tante parole.

RIFUGIO CORSI
Carta Tabacco: N° 019
Gestore: Cristiano Martucci
Sito Web: www.rifugiocorsi.it
Telefono: 0428 68113 – 339 1707750
E-mail: [email protected]

ATTREZZATURA
Meglio se indossate uno scarpone alto e portate con voi: imbrago, kit da ferrata e casco.
Possono essere utili guanti da ferrata (quelli con le dita tagliate) e una lampada frontale specie all’inizio del Sentiero Attrezzato del Centenario.

ALTRI CONSIGLI
Alla vecchia stazione di Chiusaforte (UD), prima di imboccare la strada che sale a Sella Nevea c’è un bellissimo spazio dove potrete bere, mangiare o degustare un gelato.
Per questi vecchi binari ora passa la “Ciclovia Alpe Adria” da Salisburgo a Grado in bicicletta.
https://www.stazionedichiusaforte.it/

MAGGIORI INFO
[email protected]



Storie suggerite