Donne
L’uomo c’ha invitati a pranzo. Quando ho chiesto di lavarmi le mani, la donna di casa ha cambiato l’asciugamano in…
Con un giorno di ritardo, proviamo a riassumere.
Prima settimana molto impegnativa: sole e verde primaverile, poi ghiaccio e neve con vento da nord.
L’avvicinamento in treno di 23ore con due cambi è stato molto tranquillo: il tempo di una fetta di Sacher in una soleggiata Vienna, una corsa tra i binari a Katowice e una comoda notte più colazione in piazza Rynek Glowny a Cracovia.
Nella Piccola Polonia siamo subito andati a cercare gli Alti Tatra che sbucano rocciosi dietro a delle tondeggianti colline a 100km sud dalla vecchia capitale. A Zakopane solo una spesa tattica per riempire gli zaini di cibo.
Il sole è alto e campeggiare sarebbe vietato, ma non ci sono molte alternative per restare in quota. I sentieri sono ben segnati, hanno colori neri, rossi, gialli, verdi e azzurri anche se devo ancora capire con esattezza il loro grado di difficoltà.
A 1600m c’è già neve e spesso la mattina si pattina sulla traccia. È ancora stagione buona per lo scialpinismo ci racconta una guida polacca con gli sci in spalla. Passiamo due notti circondati da corone di picchi tra i 2100 e i 2600m, con una luna rotonda che illumina la nostra tenda e le slavine intorno.
Le gambe sono in rodaggio, l’avventura lunga e parlando con Rafaeł un ragazzo del Soccorso Tatra capiamo che il tempo sta girando in brutto, ed è meglio scendere nelle valli.
I polacchi non hanno molte montagne nel Paese, perciò sia i più esperti che i meno si concentrano tutti sul Tatrzanski Park Narodowy alzando il grado di rischio.
In Polonia fare autostop non è semplice, si fermano solo coppie di vecchietti che passano da un villaggio ad un altro o giovani neopatentati curiosi.
Stiamo zigzagando a sud-est sul confine polacco/slovacco da qualche giorno lungo la dorsale dei Carpazi e oltre a noi che attraversiamo le colonnine di confine con la P e la S non c’è anima viva per i sentieri nei boschi.
Ieri abbiamo conosciuto i primi Lemki, una minoranza etnica rutena per la maggior parte ortodossa dalla statura bassa che popolano e convivono questi valichi al riparo dalle grandi masse assieme a ebrei, cattolici, greco-cattolici e musulmani. Il paesaggio è verde e pieno di chiese di legno che sembrano dei velieri.
È alla luce protettiva di una frontale sotto una pioggia incessante che rioltrepassiamo il confine e bussiamo esausti alla porta di Miki e Helena, una coppia di Lemki slovacchi che ci ospita per la notte. Si brinda con rakja e si dorme all’asciutto.
La curiosità cresce, speriamo il tempo migliori e la temperatura si alzi.
Glorija sta facendo un ottimo lavoro come interprete, la penna riempie le pagine del diario e la fotografia documenta con rispetto.
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